Diwali XX | Sconfinati Spazi

E’ online il numero XX di Diwali a tema “Sconfinati Spazi”. In questo numero vi parlo dei luoghi di Emily Dickinson

Dell’esperienza del nostro spazio la conoscenza che abbiamo sicuramente possiamo definirla “di prima mano”: lo spazio lo abitiamo, lo attraversiamo, lo trasformiamo, lo decostruiamo (al limite massimo dell’umana esperienza, come salto evolutivo di coscienza).

Lo viviamo dall’interno, il nostro spazio: spazio mentale, meditativo, silenzioso o tremendamente rumoroso – animali estremamente pensanti, siamo, pensanti di materia affabulante, caotica, creativa.

Lo viviamo all’esterno: il nostro corpo di materia si muove, ha confini che incontrano l’altr@, l@ toccano, confini che con l’altr@ si scontrano, per affermare la presenza, ribadirla, segnarla. O anche accrescerla, virtuosismo dell’atto dell’abbraccio che, nello spazio in cui avviene, di due ci consegna un uno dai confini con-fusi.

Spazio nostro, spazio altrui, spazio di nessuno, spazio sconfinato cosmico, spazio liquido, in cui la presenza è tanto diluita da farsi eterica, presenza non presenza nello spazio di un web in cui del corpo ci liberiamo e diventiamo leggeri come d’anima, e il tocco si fa parola, quasi a sfiorare parole sacre in cui il Lógos avrebbe davvero tanto da dire.

La lista delle riflessioni potrebbe allungarsi a dismisura, in quest’anno che ci ha messi a sedere di fronte a noi stessi, alle nostre piccolezze, alle nostre grandezze, alle nostre insensatezze. In quest’anno, in cui spesso, molto spesso accade di chiederci: “cosa ne sarà, dell’arte, della presenza nello spazio in cui per sua natura accade? E del nostro darci nell’arte, e del pubblico che in uno spazio comune la vive?”.

Un lungo anno di domande, fatte per forza o per volontà di avanzare in un cammino confuso che di domande si nutre, e se ne nutre per desiderio di risposte che abbiano il valore della ridefinizione di quello spazio che sembra aver capovolto ogni senso fino ad oggi noto.

Noi di Diwali continuiamo a interrogarci: noi, che il limite abbiamo voluto spingerlo sempre un poco più in là, in spazi non battuti, scomodi a volte per accasarci una presenza, a volte tanto silenziosi da rasentare il rumore.

Spazi dal confine strappato, poi ricucito, magari anche in malo modo.

E continuiamo a farlo, a maggior ragione in questo annus horribilis, convinti sempre, e più che mai oggi, che il luogo dell’arte, e dell’essere umano, sia proprio quella esse privativa del confine, quella esse in cui non di privazione vive e si vive, ma bensì di centuplicate possibilità di espressione.

Buona lettura

Maria Carla Trapani per Diwali

A pag 14 il mio contributo che potete leggere e scaricare gratuitamente qui

Notte | una terzina di settenari

geme un pianto di stelle

disabitata notte

in un becco d’uccello

Eppure ancora i nespoli

Pubblicato da Nulladie Edizioni nella collana I Saggi, in agosto 2020, Eppure ancora i nespoli – dissertazioni sullo Haiku di Antonio Sacco è un libro ibrido che si pone a metà tra il saggio e la silloge poetica.

Antonio Sacco esordisce con questa prima pubblicazione monografica che si può dividere idealmente in tre parti.

La prima in cui raccoglie cinquantotto haiku commentati singolarmente, ed è la novità di questo libro in cui anche un lettore neofita e che non sa nulla di haiku può sperimentare la loro lettura in maniera più precisa e competente, profonda.

Nella seconda parte, invece, Antonio raccoglie i vari saggi e articoli sullo Haiku che ha scritto e pubblicato nel corso di questi anni. I saggi e gli articoli che compongono la seconda parte del libro sono tutti corredati da esempi e presentano haiku di maestri o di haijin contemporanei o dello stesso Antonio, a dimostrazione delle tesi proposte.

La terza parte accoglie sei haibun o scritti haikai: tre sul suo viaggio in palestina; uno sul viaggio in Norvegia; uno sulla poesia haiku e l’ultimo descrive ambientazioni familiari.

Il titolo del libro prende spunto da un haiku dedicato ad un caro amico scomparso che ricorda molto un haiku di Kobayashi Issa:

Mondo di sofferenza:
eppure i ciliegi
sono in fiore.

La prefazione scorrevole e accurata è opera di Matteo Contrini. Ad apertura di quest’ultima campeggia una domanda che vorrei girare ai lettori, la domanda è la seguente:

“se i grandi poeti italiani del passato avessero sperimentato la via dello haiku, di quali risultati ne avrebbe giovato la nostra letteratura?”.

Di questo libro ciò che ho amato di più sono proprio gli haiku che, naturalmente io avevo già letto e conoscevo, perchè seguo Antonio da diverso tempo- Ma trovarli raccolti tutti assieme e poterli sfogliare è decisamente un dono a cui non ci si può sottrarre.

Personalmente ho trovato apprezzabili i commenti anche se, probabilmente un lettore più esperto vorrebbe farne a meno, tentando di scoprire da sè quale poetica percorre il nostro Antonio. Vorrei per questo riportare gli haiku che più mi hanno colpita, senza alcun commento, lasciando al lettore il gusto della scoperta e della bellezza pura, priva di appendici.

gru origami

tra cento primule

un fiore senza nome

si schiude all’alba

l’ombra di un pesco

accarezza la mia

nel plenilunio

una libellula:

nelle sue ali un lampo

d’arcobaleno

spaventapasseri —

proprio lui depredato

per esser nido

senza commiato —

eppure ancora i nespoli

stanno fiorendo

la foglia secca

somiglia a una farfalla

poi — la caduta

notte d’inverno —

riflesso in una pozza

il firmamento

In conclusione l’opera di Antonio percorre le tappe di uno studio e di un percorso sulla via dello Haiku e questa è una constatazione palpabile attraverso la lettura di questo testo.

Antonio ha abbracciato la via dello Haiku attraversando vari aspetti della cultura giapponese (praticando origami, suseki, bagni di foresta, contemplazione della natura, Kinstugi etc…) , per questo ritengo il suo approccio, tra i più autentici che io abbia mai incontrato.

E spero, un giorno, di ricevere in dono uno dei suoi bellissimi origami o di riuscire a replicare una delle sue bellissime gru di carta… Magari ci riuscirò alla millesima con la quale poter regalare a qualcuno un desiderio da esprimere come nella leggenda delle mille gru di carta…

La casa delle fate


Va.lentina Meloni · La Casa Delle Fate
Inedito del 04/2020, poesia dedicata alla Casa delle Fate di Goffredo Parise, a Salgareda, luogo incantato

Under the sea – Knn n. 8

Oltre al rapporto con le arti tradizionali della pittura e della fotografia, e con quelle della tradizione giappponese come la calligrafia, l’ikebana e la pittura sumi-e, l’Haiku si combina anche con altre forme d’arte, come la musica (ne abbiamo dato esempio in Gust of wind di Paola Venezia) la danza e varie forme di arte plastica: architettura, scultura, ceramica, arte tessile, arte cartacea, origami, ebanisteria, mosaico, ialurgia, oreficeria, gioielleria etc…Queste ultime sono meno comuni e, certamente, più difficili da riprodurre, ma sono altrettanto interessanti e seguono i criteri estetici comuni all’Haiga. In “Under the sea” Kazumi Karaki combina l’arte orafa, che prosegue la tradizione di Minoru Azama attraverso la tecnica della fusione a cera persa, con la poesia Haiku e la presenta in ventiquattro creazioni originali e quattro varianti linguistiche che hanno ognuna una propria armonia compositiva. Questo numero di Komorebi nn Italian Journal si pregia della traduzione spagnola di uno dei maggiori poeti di Granada, Pedro Enríquez e presenta per la prima volta al pubblico internazionale gli haiku dell’artista Kazumi Karaki.

Il numero completo di Knn n. 8 è uscito in forma cartacea e si può acquistare qui.

In “Under the sea” Kazumi Karaki combines the goldsmith’s art, which continues the tradition of Minoru Azama through the lost wax casting technique, with Haiku poetry and presents it in twenty-four original creations and four linguistic variants that each have their own compositional harmony. This issue of Komorebi nn Italian Journal boasts the Spanish translation of one of the greatest poets of Granada, Pedro Enríquez, and presents the haiku by artist Kazumi Karaki to the international public for the first time.


 SCARICA E LEGGI IL NUMERO 8 DI KNN ITALIAN JOURNAL

Oltremare- settembre

Per la rubrica Oltremare in Poesia: Femminile, singolare oggi pubblichiamo sei poesie da “Haunt” di Susan Mac Master tradotte da Angela D’Ambra. Sono tutte inedite in Italia, non incluse nella silloge Visitazioni, poesie scelte da Haunt di Susan McMaster, terza plaquette della collana Foglie d’acero, pubblicata in Italia da IMPREMIX.

Susan McMaster è poetessa, redattrice letteraria, poetessa performativa canadese. Vive a Ottawa, Ontario, dove si è trasferita con la famiglia nel 1955 e dove ha frequentato la First Avenue Public School, Elmdale, Connaught, Lisgar Collegiate (1966), la Carleton University (B.A. inglese; studi universitari in giornalismo 1970), e l’Ottawa Teacher’s College (Elementary Certificate 1971).

I suoi libri di poesia più recenti (anteriori a Haunt) sono: Paper Affair: Selected Poems e New (Black Moss 2010); Pith and Wry: Canadian Poetry (Scrivener Press 2010) e Crossing Arcs: Alzheimer’s, My Mother, and Me (Black Moss 2010), finalista per l’Acorn-Plantos People’s Poetry Prize (2010), per l’Ottawa Book Awards (2010) e per l’ Archibald Lampman Poetry Prize (2010). Susan è autrice di varie raccolte di parole e musica, registrazioni di poesia per performance, copioni; ha curato antologie e puvìbblicazioni di poesia; è stata fondatrice ed editore della rivista nazionale femminista e d’arte Branching Out (1973-).

G. Bolla – V. Meloni: “Corrispondenze da un mondo increato” La Vita Felice, 2018. Prefazione di F. Franzin. Otto poesie e un commento breve.

Oggi in Limina Mundi con una nota di Adriana Gloria Marigo su Corrispondenze da un mondo increato

Avatar di adrianagloriamarigoLIMINA MUNDI

Nella ferita del mondo offeso sopravvivono brincelli vivificanti gli strati dolenti: sono nuclei di bellezza, figure eterne che riconsegnano all’anima il dispiegarsi in volo; l’innalzarsi sopra la gravità della materia, il groviglio delle cadute rovinose, la cecità sul prodigio che affiora nella prossimità dell’incontro: come in Gustavo Adolfo Bécquer fiorisce «sobre el volcán la flor», nel «dialogo in poesia» fra Giorgio Bolla e Valentina Meloni germogliano “neve, fiore” come alchimia di elevazione dalla densità materica della vita accanto a “nome, tempo, notte, sogno, ritorno,…”, alcuni dei topoi della silloge in cui « … il granello prepotente, sfuggito al corvo, / confinato in impronte pressate senz’aria, / s’innalza più forte, uccide il buio cieco, /si contorce di sbieco a cercare un varco…»

Adriana Gloria Marigo

GB

03/10/2017 ore 21.25

Che strana terra

è la tua

anche quando la neve

riempie i confini

dei prati

ogni volta perde tutto

la Signora nostra

View original post 395 altre parole

In memoria di Gabriele Galloni

In che luce cadranno — i tuoi versi
ora che manchi e qui lasci attoniti
volti a dirti se fai sul serio o scherzi
se tornerai a dirci la bellezza?

nanita


Knn Italian Journal n. 7

Dopo una lunga pausa Komorebi ni nureru Italian Journal esce con un numero doppio, solo in versione digitale e gratuita, una selezione di venti haiku tratti dalla pubblicazione “Gli haiku del corpo” di Germano Innocenti tradotti in inglese da Matteo Curtoni. Le fotografie all’interno sono di Annalisa Marino.


After a long pause, Komorebi ni nureru Italian Journal presents a double issue, only in digital and free version, a selection of twenty haiku taken from the publication “Gli haiku del corpo” by Germano Innocenti, translated into English by Matteo Curtoni.The photographs inside are by Annalisa Marino.

La rivelazione del corpo come paesaggio

Secondo Basho l’Haiku è ciò che sta accadendo, proprio qui, proprio ora. Questo vuol dire che l’Haiku inizia sempre con un’esperienza, di qualunque tipo ma è la radice da cui germogliano i versi, il momento da cui l’esperienza personale si trasforma in opera d’arte.L’esperienza contiene la verità dell’haiku e può assumere molteplici forme: può essere un’azione o un evento a cui si è effettivamente assistito o partecipato, qualcosa che riguarda la nostra memoria ma può essere anche qualcosa che ha a che fare con l’immaginario, ci ricorda Jim Kacian nel suo “How to haiku”. Certamente la natura è una protagonista importante della poesia Haiku e il poeta deve saper entrare in risonanza con essa, saper diventare un tutt’uno con il contesto naturalistico nel quale l’esperienza si svolge (shizenkai) per creare una sorta di identificazione. Quelli dell’Haiku sono momenti in cui il poeta perde la coscienza di sé a causa di un’identificazione con il suo soggetto. All’esperienza e a quella caratteristica che abbiamo definito precedentemente “aquihoriedades” deve aggiungersi una rivelazione: questa è la caratteristica che distingue un buon haiku da una semplice elencazione di eventi naturali. Rivelazione che non è novità ma rinnovamento, qualcosa che ci è familiare ma che vediamo con occhi diversi o che cogliamo con una diversa sensibilità. In questa collezione Germano Innocenti si identifica con il paesaggio e l’esperienza dell’istante d’illuminazione fino al punto da rivelare il suo stesso corpo come paesaggio. Da questo momento l’esperienza porta in sé l’orma del corpo ma anche dell’immaginazione e della memoria, qui l’esperire ha una triplice connotazione e si svincola dall’usuale visione che comunemente adottiamo nei confronti delle nostre percezioni corporee. Il poeta rivela il suo salto tra realtà e istante creativo sciogliendo ogni confine tra paesaggio naturale e “paesaggio corporeo” fino al punto da mettere a nudo il proprio cuore che si rivela non essere altro che un nodo di legno scioltosi al sole. 
(Valentina Meloni, 8 agosto 2020)

LEGGI E SCARICA IL NUMERO GRATUITAMENTE

Notte interminabile

Shelley Kommers “The Dreaming Tree”

Non ho montagne da raccontarti né
amori sporchi di nevi perenni.
Tengo una piccola fiamma nel palmo
delle mani, una culla fremente
mai paga di ardere l’inestinguibile.
L’adagio bohème dello stellato
e un prato di melodie notturne
disfano l’orma insonne del creato.
Tu pensi a lei e scacci ogni parola.
E la notte diventa interminabile.

nanita, 02 agosto 2020