del fiore colgo il dono suo più bello: offrirsi al vento
у цветка беру я самый прекрасный дар: вверяться ветру
immensità – dove inizia la notte dove finisce
необъятность – там, где ночи начало где ее конец
arriva sera – anche il sole si spegne in questo lago
близится вечер – даже солнце гаснет в озере этом
dimenticare… le stelle cancellate da un’altra aurora
самозабвенье… звезды отмененные другой зарею
campo di grano piegato dal vento anche il mio cuore
поле пшеницы ветром согбенное как и мое сердце
quanta bellezza – guardo i fiori di loto ed è già sera
сколько красоты – лотосом я любуюсь и уже вечер
nubi fluttuanti – il suono della piоggia si mischia al pianto
зыбкие облака – и дождя звучание смешалось с плачем
malinconia – le nuvole vaganti nel cielo immenso
меланхолия – блуждающие тучи в огромном небе
Haiku di nanita
Traduzioni di Pavel Aleshin
Ringrazio Emilia Mirazchiyska per l’intermediazione letteraria
Pavel Aleshin – poeta, traduttore, storico d’arte. Nato nel 1990 a Mosca. Autore di alcune raccolte di poesie e di traduzioni, e anche della monografia Династия д’Эсте. Политика великолепия. Ренессанс в Ферраре (Слово, 2020) [Dinastia d’Este. La politica della magnificenza. Rinascimento a Ferrara (Slovo, 2020)]. https://magazineart.art/book/pavel-aleshin-dinastija-d-jeste-politika-velikolepija-renessans-v- ferrare/
they tell me I should write a poem about war but I would like to write a poem about peace instead, tell you about the sky changing color about life that blooms in March about pollen travelling for miles and miles I would like to tell you about children’s eyes who are not afraid about smiling mothers when their children return safe houses and warm bread about water that should not be sought in the snow I would like to tell you about families united and the warmth of quiet about a lighted window in the night cheerful footsteps and festive smiles about women I would like to tell you embracing the arms of love about dreams lulled by the dark and desires that are not just a cry of peace. They tell me I should write a poem about the war but I have only these few words that do not rhyme with anything and Kyiv is still a distant dream.
il freddo m’è penetrato nelle ossa oggi tutto riluce di vaghezza c’è un pianto nel cielo che resta sospeso tra nubi e desiderio la siepe si è innalzata a dismisura nei miei occhi ha messo foglie e gitti che prima non esistevano – ora – mi chiude allo sguardo ogni parola mi preclude l’infinito che sognammo.
Recupero dell’essenziale, edito da Interno Libri Edizioni, è un libro che nasce – come spiega l’autrice stessa nei ringraziamenti – dopo un recupero di poesie andate perdute a causa di un guasto irreversibile all’hard-disk del computer. Un libro che ha avuto una seconda vita, quindi, grazie ad alcuni amici che hanno aiutato Michela Zanarella a ricostruirlo ritrovando le poesie che compongono la silloge.
Ma la citazione in esergo di Rudolf Steiner indica una strada ben precisa “impara a distinguere l’essenziale dal non essenziale” e quindi si indica al lettore di andare oltre le parole, oltre il mondo fisico e cercare di trascenderlo.
La poesia è saper cogliere l’essenza delle emozioni, è saper scrivere andando al centro delle cose, recuperando il linguaggio del cuore. Ci vuole abilità per coglierla. Pensate che oltre l’ottanta per cento circa della comunicazione è non verbale, fatta di gesti, atteggiamenti, espressioni e pose. Mentre la comunicazione verbale per essere compresa deve essere prima appresa a livelli cognitivi la comunicazione non verbale non ha bisogno della consapevolezza perché è dentro di noi, tutti la utilizzano in modo automatico senza prestare troppa importanza a ciò che passa attraverso questo canale. In questa comunicazione vive l’essenziale e i poeti tentano di immortalarlo.
È quello che fa anche Michela Zanarella in questo libro chiedendo “riparo alla notte/per tutto il dolore vissuto”, emergendo da una notte dell’anima dove “il buio è testimone di quanto siano chiari/i miei silenzi”. Ma la bussola del pensiero poetico della poetessa come in La filosofia del sole sembra essere sempre il sole stesso “Fidarsi della luce che ritorna”: “Sognare il sole di notte è l’unica maniera/per trovare sollievo dal buio/che ha messo via il nostro amore/come foglie al vento.” Al contrario di altri libri, infatti, nei quali la luce è parola ricorrente e testimone della parola poetica, in Recupero dell’essenziale sono la notte e il buio i protagonisti della narrazione poetica perché la Zanarella è conscia che per trovare la luce è necessario attraversare il buio: “c’è un lato chiaro anche nella notte /è proprio nel luogo più cupo la radice di una stella” e ancora “se fosse facile capire che il buio/ è un preludio di albe dismesse/coglieremo tutte le ombre/ anche le più scompigliate.” Una delle poesie più belle di questo ciclo appartiene proprio alla notte: “La notte ha una maternità luminosa/spinge scintille dentro il buio/mentre i sogni si arrampicano come siepi taciturne/in cima alle vertebre del tempo./Reclamano l’alba ad un passo dalla luna /nuvole sottocielo /l’autunno è in ascolto, vedrà arrossire le arterie /delle strade /gli alberi parlare con la stessa lingua delle stelle, /innamorarsi dell’aria e poi svanire.”
La poetessa conscia di questa forza che sorge dalla parte più cupa di ogni essere lo scrive apertamente in questi bellissimi e corrosivi versi: “Il sole si fa guardare da chiunque /ma pochi sanno quanto buio ha dovuto attraversare/prima di splendere.” E ancora poco prima: “Saper distinguere un riflesso ordinario/da un bagliore che sa osare l’orma della luna/e diventare alba/passando di lato alle metamorfosi della notte /non è cosa per chi ha sguardi rivolti unicamente al proprio tempo.” Si deve avere consapevolezza del passato e andare oltre, ma il proprio tempo è anche quello ristretto della propria visione, è necessario apprendere dall’altrui parola e la Zanarella sembra saperlo fare con maestria, ne sono testimoni le tante poesie dedicate ai maestri e ai poeti di altri tempi: Cvetaeva, Lorca, Alberti, Sbarbaro, Cardarelli, Corazzini, Darwish, Pasolini e poi a Marcella Continanza cui è dedicata l’intera silloge… Anche questa una peculiarità di Michela che già nelle Parole accanto ci aveva abituati a leggere dei suoi maestri di parola e spirituali che sembrano essere ancora in vita: “È ancora tiepida dei vostri passi la terra/e infatti camminate tra i vivi”.
Altra cifra caratteristica di Michela Zanarella è il ritorno nostalgico alla sua terra un “Tornare nei luoghi delle trascorse memorie” che lascia un velo di malinconia tra i versi ma che ci fa comprendere quanto forte sia il legame con la terra natale della poetessa (Cittadella, Padova): “Erano le estati del fieno e dei lamponi/ai lati delle strade/nei cieli di montagna e ad un passo l’altopiano/chinavamo l’infanzia tra i sentieri di bosco/curiosi del vuoto oltre il dirupo./Pensavamo ai sogni stesi tra i sassi e le lucertole/uno tra tanti si sarebbe avverato/credevamo che correre sereni nel vento/durasse un tempo infinito/ma si cresce e la vita è come la salita tra le rocce/impari a reggerti nella terra e nella luce/per non cadere e franare l’anima/nel silenzio della neve”.
Il linguaggio poetico è quello a cui ci ha abituati Michela ricco di metafore incalzanti e lirico con versi sciolti a volte lunghissimi e con una peculiarità che è quella che mi è più cara e che vede la natura parlare dai versi con una naturalezza così ben radicata da farla diventare una cifra personalissima e interiorizzata, quasi una lingua segreta che percorre tutta la silloge: “Esiste una lingua segreta che s’impara/origliando ai piedi dell’erba/sottoterra c’è una folla di ombre sepolte/rugiade strette che vogliono tornare/sale su per le radici la grammatica dei papaveri/sosta come/respiro tra le labbra il sogno di fiorire/il sole varia la sua voce a seconda della luce/cede la parola al silenzio ed è petalo sanguigno /che osa tramonti prima della sera.”
Per chiudere un dolore sottilissimo percorre i versi di questa silloge poetica e fa da sottofondo a ogni poesia, quel dolore che la nostra individua nella notte, nel buio in cui bisogna continuare a sognare il sole per resistere. Una malinconia che è nostalgia di una terra perduta, di un passato felice quel “Essere visitati dal ricordo” ma anche di un dolore che non ha parole per manifestarsi (“Non lo sentite il dolore dell’anima”) ed è racchiuso tutto nei silenzi, (“Spegnemmo la voce al primo sole […] Il silenzio portava lo sciame di giorni”) quelli che fanno della poesia un tempo sospeso che abbisogna di sensibilità e della conoscenza di un linguaggio più profondo che sappia andare oltre le parole.
Così in cambiamento non siamo mai gli stessi come cenere da vulcano nell’intreccio di identità e alterità e ho paura di perderti l’ossessione di perderti.
E se sarà, custodirò la tua fragilità di colomba sul mio braccio l’odore dei tuoi pensieri uscendo e rientrando in me stesso come un respiro, custodirò la certezza di rivederti davanti al Dio dei poveri e dei folli.
So changing we are never the same like volcano ash, in the tangle of identity and otherness and I’m afraid of losing you, the obsession with losing you.
And if it will be, I will guard your dove-like frailty on my arm, the smell of your thoughts going out and back into myself like a breath, I will keep the certainty of seeing you again before the God of the poor and the mad.
traduzione di Valentina Meloni
Mario Pizzolon è nato a Treviso nel 1963. Geologo libero professionista, scrive poesie dai tempi del liceo. Ha ottenuto diversi riconoscimenti e apprezzamenti dalla critica in molteplici concorsi di poesia, alcuni suoi componimenti sono presenti su antonologie. Qohélet milleuno è la sua prima silloge completa a essere pubblicata.
Un mio haiku tratto dal mio ultimo libro per bambini “Briciole di haiku” e tradotto in lingua inglese è stato scelto e trascritto in Chalk on the walk Haiku, di Sherry Grant in Nuova Zelanda. La piccola Zoe ha trascritto l’haiku sul marciapiede con i gessetti accompagnandolo a un simpatico pipistrello.
upside down the bat seeks its own dream
a testa in giù il pipistrello cerca il proprio sogno
Ti regalo una perla della mia collana come sigillo sferico al tuo silenzio io so quanto è costata all’ostrica e quanto tempo è trascorso da quando il granello di dolore si è insinuato nelle valve… Soltanto a te potrei donarla, amore a nessun altro. La perla era un intruso e tu l’hai resa una dea da venerare.
Divine nacre
I’ll give you a pearl from my necklace as a spherical seal on your silence I know how much it cost the oyster and how much time has passed since the speck of pain crept into the valves… only to you could I give it, love, no one else. The pearl was an intruder and you’ve made a goddess to be revered.
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