Il gorgo di Francesco Innella

“Gli Haiku dell’0mbra”

il-gorgo-copertina
Leggi un’anteprima del libro qui

 

 

Sale la luna

ombre attraversano

la mia stanza.

Uno dei sempre più rari haiku in cui compare lo Shiori, il sentimento delle cose ombrose. Mi è subito piaciuto da quando lo lessi ormai due anni fa in una rivista on line e conobbi così Francesco Innella. Lo ritrovo oggi ad apertura della sua raccolta di haiku “Il gorgo” (Ilmiolibro, 2015).

Questo è un haiku in cui è presente il piccolo Kigo che determina l’esatto momento della giornata in cui avviene l’azione. Lo stesso Kigo qui è anche azione. Lo haijin (e quindi il lettore) indovina il momento del crepuscolo, anzi il momento in cui sorge la luna, dal passaggio di ombre sui muri della propria stanza. Questo è un movimento che cattura la vista e il sentimento, ma è anche un movimento più invisibile, interiore. Le ombre proiettate sul muro sono le medesime ombre che attraversano l’interiorità dello haijin. Con il calare del sole si avverte quel leggero stato malinconico che prende in solitudine all’arrivo della notte. Qui è mirabilmente espresso. Non serve dire altro. La stanza è, per estensione, anche il cuore del poeta. Meravigliosa potenza dello haiku.

Il titolo di questa raccolta “Il gorgo” ci trasporta nei versi in un flusso continuo di movimento e di fluire del Ki che è il principio dell’estetica cinese e poi giapponese. Tutto è in movimento e tutto è movimento.

Gorgo è il simbolo della condizione umana trascinata dalla inesorabile legge dell’impermanenza. Se si osserva bene un fiume in piena, si può notare, nel vorticoso scorrere della corrente la formazione di innumerevoli gorghi che compaiono e scompaiono. Il gorgo non ha una sua identità, ma è formato dalla corrente del fiume e così è l’uomo, un semplice aggregato trascinato nel samsara dell’esistenza, che appare e scompare nell’eternità del Tutto. (estratto dalla presentazione)

Il lupo piange

nella notte nel bosco

stelle brillano.

Anche qui Francesco Innella continua a preferire al Kigo il piccolo Kigo che è sempre e comunque un riferimento al “tempo circolare” dello haiku e io continuo a scegliere un haiku “notturno” in cui compare lo Shiori. Perché? Perché è così raro trovarli oggi che ho inteso dare loro risalto.

Il lupo piange, non ulula come comunemente siamo abituati a pensare. Una rottura che subito introduce il sentimento di malinconia che pervade la notte: lo Sabishisa (tristezza), anche questo raro a trovarsi negli haiku moderni. Eppure lo haiku esprime meravigliosamente quella che io chiamo “la forma umbratile della poesia”. L’ombra è inafferrabile, transitoria, metamorfica e sottende un punto di luce nascosto. Quella delle ombre è una scrittura indiretta come indiretta è la scrittura dello haiku che non pronuncia mai la prima persona e che si avvale dell’espressività della natura per dire gli stati d’animo della presenza e dell’osservatore. Il ribaltamento si trova nel terzo Ku (verso): le stelle brillano. Tutta la notte, se pure malinconica e triste, è accesa di stelle. La luce, la speranza è ciò che s’intravede nel bosco, un movimento impercettibile quello dello sfavillio delle stelle ma che ci riporta alla vastità del mondo e a ciò a cui aspira lo haiku: raggiungere con un crescendo di intensità quella esplosione di luce che ci illumina anche interiormente. Il Wabi, l’inaspettato, si esprime con queste due semplici parole: stelle brillano. Ma anche Yugen si manifesta nelle medesime due parole: il mistero della vita, l’energia del mondo che palpita ovunque. La tristezza e il pianto del lupo (e dello haijin?) qui sono ridimensionati dalla grandezza di questi due sentimenti.

La bellezza delle ombre e della fugacità di queste immagini è espressa ancora in un ultimo haiku che ho scelto di commentare:

La gente passa

come ombre cinesi

sul telo bianco.

Io qui sento con meraviglia la transitorietà farsi immagine e parola. Aware, la perdita consapevole dell’esistenza. La gente, coloro che non conosciamo, sfila come ombra davanti ai nostri occhi. Non sappiamo nulla di loro, vanno, si proiettano sul telo bianco della vita lasciandoci solo fugaci ombre. Passano e assieme a loro passa il tempo, trascorre l’esistenza, svanisce il corpo e la sostanza. Svaniamo anche noi. Non esiste sofferenza ma accettazione. Accettare la propria ombra, integrarla al proprio essere luce (telo bianco) ci completa come individui. Adesso siamo in grado di accettare anche l’impermanenza.

Sull’albero

canta l’usignolo

il cuore tace

Un haiku “imperfetto” (ipometro) questo, nel senso che non rispetta la metrica a cui Francesco sa dare la giusta importanza: la perfezione non rispecchia la natura, l’imperfezione sì. La sua corrente di pensiero-scrittura è quella della beet- generation che ci ha regalato meravigliosi esempi di poesia. La stagione qui è inequivocabile: la primavera di cui l’usignolo sparge le voci. Non si vede ma si può percepire la primavera anche dal canto di un uccello. I sensi si spengono perché si accendano interiormente i sentimenti. Wabi, l’inatteso ci trasporta con delicatezza (Hosomi) in una dimensione di silenzio che opera lo svuotamento mentale e sentimentale (il cuore tace) necessario a raggiungere la nostra piccola illuminazione. L’universo abita anche nelle piccole cose come il canto di un uccello (Aware): di fronte a questa meravigliosa scoperta non possiamo fare altro che tacere.

Quelli di Francesco sono haiku contraddistinti da una maturità  meditativa consapevole dell’esistenza, delle sue bellezze e dei suoi dolori. Il gorgo ci trascina in riflessioni profonde sull’esistenza e siamo irrimediabilmente rapiti da questi piccoli poemi così densi di significato.

 

La vecchia madre

giace nel letto sola

piano piange.

Oltre la rupe

il mio tuffo nel mare

liberazione.

Insana sorte

baci rubati al vento

pensieri brevi.

Mi attraversa

un silenzio d’abisso

la mente tace.

Tutti dormono

nel mondo illusorio

il saggio veglia.

n a n i t a (27/09/2016)

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