Agilla e Trasimeno- Euterpe n.13-

John Collier Ninfa d'acqua

John Collier Ninfa d’acqua

Il mio contributo a questo numero della rivista è una poesia intitolata “Il pianto di Agilla”.

Questa poesia si rifà alla leggenda del Trasimeno che narra le vicende della ninfa Agilla e del principe Trasimeno, figlio del dio Tirreno. La leggenda, almeno nella versione più popolare,  narra del viaggio del principe Trasimeno si trova a passare nelle terre del centro Italia, l’antica Etruria. Durante il percorso giunge in riva ad un lago, ampio e con le rive coperte di alberi. Si ferma sulla riva e, dato il caldo estivo, decide di fare un bagno.  La ninfa Agilla lo scorge e rimane colpita dalla bellezza del giovane; decide di sedurlo e con il proprio canto lo attira al centro del lago. Ma questo causa un tale stordimento nel giovane che, sopraffatto dall’emozione, annega.    Narra ancora la leggenda che il corpo non fu stato mai trovato e che in suo ricordo il lago venne chiamato Trasimeno.

Da allora, nelle serate di agosto, quando una brezza leggera vola sulle acque del lago e fa stormire le foglie, si dice che è il lamento della ninfa Agilla, alla ricerca del bellissimo principe. La leggenda viene citata da Matteo dall’Isola ne La Trasimenide (libro I, versi 156-166).

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Nella mitologia classica, le Ninfe stavano a metà tra gli dei e gli uomini, come i demoni, a cui assomigliavano tanto. Non salivano sull’Olimpo. Non avevano templi, ma soltanto altari. Non erano immortali; e Esiodo ci assicura che la loro vita non superava “la durata di dieci vite di palma”. Nelle loro figure sorridenti e graziose, che coprivano di danze la superficie del mondo, si raccoglieva tutta la vita acquatica della natura: loro erano i ruscelli, le fonti, i fiumi, i torrenti, i laghi, le paludi, le grotte montane grondanti d’acqua. Attratti dalla loro grazia, molti uomini entravano nel loro regno, accanto ai Sileni e ai Satiri. Era un rischio tremendo. Chi vedeva le ninfe: chi riceveva dalle ninfe il dono della ispirazione e della chiaroveggenza: chi amava le ninfe, spesso sprofondava nella follia e perdeva sé stesso.
(Pietro Citati)

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