Queneau di Queneau (Gabriella Maleti)

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Queneau di Queneau, Gabriella Maleti, GazeboEdizioni, 2007

 

Libro ispirato agli “Esercizi di stile” dello scrittore Raymond Queneau, “Queneau di Queneau” – come suggerisce il titolo- è una variazione reinventata e personalissima ispirata al lavoro del celebre poeta e scrittore francese.

Exercices de style, pubblicati da Gallimard per la prima volta nel 1947, constano di una trama raccontata in novantanove modi diversi, ognuno in uno specifico stile di narrazione. Quella di Raymond Queneau è una trama minima, a dire il vero banale. L’originalità del libro sta proprio nelle varianti stilistiche adottate dall’autore. I novantanove texticules dicono sempre la stessa cosa mostrandoci, però, le infinite potenzialità della lingua.

Gabriella Maleti, ispirata dalla genialità di Queneau, si cimenta in una rivisitazione che le permette, non solo di lasciar correre il proprio estro linguistico, ma di esercitarlo nella crudeltà del vero e nella ricercatezza del falso in stile. La trama che la Scrittrice, scomparsa da pochi mesi, ci propone nelle sue sessantotto varianti è, anche qui semplice, ma nella sua semplicità tragicomica e autobiografica, come viene suggerito nella premessa “La vicenda”, sta lo stile inconfondibile che individua nella narrazione tristemente ironica e spietatamente realistica, una capacità fine di comprendere e sezionare la psicologia umana.

Grande lezione di scrittura, “Queneau di Queneau” è un microcosmo di linguaggi che identificano ogni volta una diversa personalità ma anche un diverso stile narrativo. Il libro si apre, infatti, con: Testimonianza, Scoglionato, Interrogazione, Cartomantico, per passare da un lapidario Ottimistico, sette parole in tutto: “Non tutta la cacca vien per nuocere” fino a uno stile Esagerato, Crudele, Tormentato, Eroe, Incazzato, Psicanalitico, Televisivo, Leghista, Reazionario, Raffinato, Commosso, Gay e così via… L’appendice finale, però, è dedicata interamente ai Personaggi in cui compaiono sia i protagonisti del racconto iniziale, ossia La mamma e Il bambino, sia i coprotagonisti, gli avventori e i vari personaggi legati alla trama ma invisibili: i dirimpettai, i passanti, gli occhi e gli orecchi nascosti del pettegolezzo di strada come Il macellaio, La sordomuta (geniale), La signora del piano di sotto, Il pensionato cieco e così via.

Le versioni dei vari personaggi poi si intrecciano richiamandosi le une alle altre come in un improbabile processo incrociato dove i medesimi personaggi sono essi stessi giudici, difensori, testimoni e imputati. Sulla sedia d’imputata siede la madre colpevole di aver vuotato il vaso da notte nel lavandino di cucina, poi otturatosi, vaso nel quale il figliolo si era appena liberato di abbondanti escrementi. Trama grottesca, tragica e dolorosa che mette in luce la solitudine dell’esistenza e i vari risvolti della vicenda umana in cui menzogna e verità si alternano e si mistificano con incalzante tensione.

Queneau di Queneau” dimostra l’inalterabilità della verità e, al medesimo tempo, la variabilità della menzogna, che ci costringe a confrontarci con volti sempre diversi in una distorsione decentrata degli eventi attraverso innumerevoli punti di vista e multiformi travestimenti.

La Maleti, identificandosi nei vari ruoli di volta in volta diversi, ne sperimenta il linguaggio, la personalità, le manie, le contraddizioni, i preconcetti, le paure, le profonde fragilità. Sperimenta,  seziona e ripropone quel linguaggio tenendo sottesa alle diverse varianti della vicenda la propria voce personale, critica, ironica, profonda, irriverente, canzonatoria, drammatica ma soprattutto unica. Nessuna delle sessantotto versioni riesce mai a coprire la personalità della Scrittrice che emerge con la leggera unicità di chi non si prende mai troppo sul serio, di chi, in silenzio, ascolta le voci del mondo e le registra assieme alle proprie intuizioni, alle proprie riflessioni, alle luminose scoperte cui la realtà ci costringe. Tutto questo riuscendo anche, in più di un’occasione,  a strapparci una sana risata attraverso quel caleidoscopio ininterrotto di struggente divertimento, di e/scatologia satira– come lo ha definito Mariella Bettarini– che è questo straordinario libretto.

Valentina Meloni, Castiglione del Lago 07/11/2016

POSTILLA

Ho conosciuto Gabriella insieme a Mariella B. tre anni fa partecipando a una delle riunioni laboratorio nella redazione de L’area di Broca a Firenze. Di lei ho amato – per quel poco che ho potuto venire in contatto -il suo essere diretta, il suo riuscire ad andare al centro delle cose, la sua sensibilità fine di persona che sa più di quel che dice, la personalità istrionica, giocosa, tuonante, ribelle agli schemi. Più tardi ho incontrato la sua scrittura e ne sono rimasta affascinata e la cerco ancora perché la sua scomparsa mi ha aperto di nuovo la porta intima del suo mondo. Di lei ricordo con affetto il sorriso profondo degli occhi. Di conoscere una persona non si finisce mai e la scrittura è quel forziere in cui si nasconde l’essenza di Gabriella. Ce ne ha lasciato le chiavi. Di questo la ringrazio, ciao Gabriella

La recensione è apparsa sul num. 21 della Rivista di Letteratura Euterpe

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