In giardini di Sabbia Angela Fabbri ha fatto suo l’insegnamento dei maestri di haiku. Il poeta si fa natura e ascolta le voci del mondo.
Il libro si apre in cinque sezioni che sono unite le une alle altre da questo fitto dialogo a più voci.
Lo spirito zen di questa raccolta si rivela in Giardini di sabbia, in cui la poesia del cinquesettecinque ha preminenza senza però legare a questo vincolo l’ispirazione poetica. I versi infatti esulano dai recinti della metrica senza per questo perdere lo spirito vitale che permea la raccolta. Questa vitalità si muove anche entro i confini figurativi delle illustrazioni sumi-e che corredano le pagine e impreziosiscono i versi di naturalità.
Sono versi velati di malinconia, quello stato d’animo tra nostalgia e tristezza dello Sabishisa una tristezza appena accennata che permea la vita.
non lo guardare
il giardino d’inverno
ha chiuso gli occhi
***
nel bambù verde
il suono della pioggia
-addormentarsi
***
quando la sera
si lecca come un gatto
la luna è l’occhio
***
dentro la tazza
galleggiano i miei occhi
tè del mattino
***
la tazza rotta
mi mostra con orgoglio
ferite d’oro
***
il gelsomino
profuma nei pensieri
anche d’inverno
***
quella pietruzza
che scansi con il piede
era montagna
***
In Nuvole la poesia è rarefatta ma l’immobilità è ancora vita e la voce piccola piccola di una foglia riesce a sussurrare ai sensi del poeta dettando la propria voce.
gli alberi immobili
aspettano
i decreti del cielo-
sognano
di essere pietre
Schegge di tempo è la parte più ampia e corposa di questa raccolta: riflessioni che custodiscono rivelazioni e piccole filosofie alla portata di tutti.
le mie piccole schegge di tempo
non voglio dormire
e se il mondo domani
fosse sparito?
Il tempo che passa, la transitorietà è Aware, non c’è sofferenza ma comprensione e accettazione in sintonia con l’universo.
un grillo
in ottobre
fuori tempo
come me
E poi l’inatteso, il senso di meraviglia Wabi e Yugen il mistero inafferrabile della vita, ancora Aware, la transitorietà: tutti assieme in piccoli versi scorrono come sabbia in una clessidra.
ossa
di animali
preistorici
le conchiglie
sulla spiaggia
In Petali di ciliegio pochi versi permeati dal silenzio, Sabi, la grande quiete che trasfigura.
nel canto delle cicale
gli alberi immobili
come statue antiche
ascoltano
Ed eccoci arrivati alla fine, Pietre e acque: dall’immobilità parla il mondo. Nella migliore tradizione del giardino zen le pietre insegnano, sono grandi maestri. E io vorrei ricordare con i versi di Angela uno dei nostri da poco scomparso: Pino Sciola, maestro delle pietre sonore che ci ha insegnato ad ascoltare e a guardare con occhi diversi il mondo immobile di rocce e pietre.
la statua
mi guarda
con i suoi occhi
millenari
e mi chiede
se sono
viva
***
lavo
la pietra da inchiostro
come se fosse
la mia anima
***
urlano
contorte
le scogliere
impietrite
dalla luce
le consolano
deboli
strida
di gabbiani
***
sul fondo del mare
i sassi aspettano
che venga la marea
***
a lungo
la pietra ricorda
la mano
che l’ha toccata
***
le pietre
gioiscono
dell’aria
come la terra
della neve
****
insegnami
pietra
insegnami
l’immobile
pazienza
***
Yugen, l’energia del mondo che palpita ovunque è qui magistralmente espressa. Non desidero sciupare con la parola la suggestione di questi versi, sarebbe facile volersi inoltrare ancora nelle decifrazioni statiche del pensiero. Lasciarsi andare al canto delle pietre, solo questo. Ascoltare il mondo.
[n a n i t a ]
Angela Fabbri è nata a Cesena nel 1962. Ha pubblicato i libri di poesia Cipria (Forum/Quinta Generazione) e L’airone dell’oblio (Nuova Compagnia Editrice), Giardini di sabbia (Il Vicolo, 2016). Suoi racconti e poesie sono inoltre usciti sulle riviste Forum/Quinta Generazione, Tratti, La Rosa, Graphie e nelle antologie Voce Donna (Il Vicolo 1995 e 1998).