“Mio nonno si erge nudo tutti i giorni,
senza essere messo al bando, senza divina creazione…
sono sempre stato resuscitato senza un soffio di un dio a mia immagine.
io sono l’esperienza dell’inferno sulla terra…
la terra
è l’inferno previsto per i rifugiati.”[Ashraf Fayadh]
Abito il silenzio, l’assenza
l’oscura notte in cui una luna di polvere
avvolge di sgomento ogni cosa.
La notte è un mantello triste
che soffoca il grido d’avorio
di mille labbra ammutolite.
Abito il silenzio, la possibilità
abito il luogo in cui ancora nasce
il fiore della speranza, della libertà.
Lì, nel tuo cuore di pianto Ashraf
giace sconfitta la giustizia.
Quando un poeta grida la sua presenza
ogni assassino diventa poeta, suo malgrado,
ed è poesia anche la morte
-che lo vogliate o no- quando
un poeta muore perisce assieme a lui
il cuore di ogni uomo che sa la fatica
del silenzio per gli occhi dei figli coraggiosi.
Quando un poeta muore
cade un pezzo di cielo in terra
ma la sua stella non smette di brillare…
Quando un poeta muore splende
ancora più forte; tra i piedi dei viventi
traccia il suo sentiero luminoso
di pace e di rispetto, di verità.
Quando un poeta muore per mano
della vigliacca ignoranza degli empi
il suo corpo non muore mai davvero,
sopravvive alle spade dell’umiliazione.
Quando un poeta muore il suo corpo
fattosi parola lo si prende di bocca
in bocca come un sacramento
e il suo nome, in questa lunga notte,
è una fiaccola accesa che arde dentro il petto;
il suo nome è una stella che esplode tra i denti
del silenzio e appicca il fuoco del coraggio.
Il suo nome illumina a giorno questa notte
violenta, la lunga notte dell’anima, Ashraf …
Quando un poeta muore
ucciso dalla superbia di un dio nefasto
la sua poesia vive ancora di più sulla stele
del tempo e sopravvive, immortale,
a ogni lamento; non dentro un libro, no
ma sulla bocca del silenzio
sulle dita della libertà, Ashraf Fayadh!
n a n i t a
testo pubblicato su La Recherche
firma la petizione Sottoscrivi l’appello dell’ONU a favore di Ashraf Fayadh