¿Qué es poesía?
Sull’osservazione
Per scrivere una poesia bisogna vedere, anzi bisogna osservare… Noi vediamo milioni di cose al giorno, ma le vediamo davvero? Canta Francesco Tricarico in un suo testo forse poco famoso ma molto significativo
“Se mangi una pesca e poi levi la parola pesca
Quello che rimane è meraviglia
Quello che rimane è una scoperta
E così se ti do un bacio e poi levo la parola bacio
Quello che rimane è meraviglia
Come prendere il sole su una spiaggia bianca…”
Provateci anche voi: prendete una pesca o come dice il maestro nel film Poetry prendete una mela e guardatela, ma guardatela davvero, come non avete mai fatto. Cosa vedete?
La pellicola di cui vi metto il link narra il paradosso di una poetessa che sta perdendo le parole, a causa dell’Alzheimer, e che non si arrende e vuole ritrovare il significato profondo delle parole e cercarne la bellezza. Mi-ja (interpretata dall’attrice Mi-Ja Yu Junghee) la protagonista di questo film, di cui vedete uno spezzone, riesce ad ascoltare e a vedere veramente. Come fa? Con l’ingenuità e la meraviglia. “Io le mele le mangio -dice nel film cercando di mettere in pratica la lezione- perchè dovrei osservarle?” Mi-ja sa domandare attenzione o aiuto alle persone che le stanno intorno, sa porre i quesiti giusti all’insegnante di poesia (giusti perché ingenui e diretti), sa infine interrogare la realtà circostante. Pazientemente, senza pretendere soddisfazioni immediate: semplicemente osservando. Prende il suo taccuino e annota giorno dopo giorno le sensazioni che la realtà circostante le suggerisce. Osserva e prende appunti. Da questi appunti nascerà Agnes’ Song, la poesia che, unica del corso, Mi-Ja scrive per la ragazza suicida prima di suicidarsi lei stessa. Canzone per Agunes si tramuta in un distico elegiaco che incorona il regista (e scrittore) Lee Chang-dong come il più grande compositore di finali del cinema coreano contemporaneo[1].
Perché ho scelto questo film? Perché mi ha toccato profondamente e perché è uno di quei film che come la buona letteratura, come la buona poesia ti fa interrogare…
A proposito di Poetry il regista Lee Changdong dichiara:
“Questi sono tempi in cui la poesia sta morendo. Alcuni lamentano questa perdita e altri sostengono che la poesia meriti di morire. Noncurante, la gente continua a leggere e scrivere poesia. Che senso ha allora scrivere poesia quando la prospettiva futura è così negativa? Questa è una domanda che voglio fare al pubblico. Ma di fatto è una domanda da fare a me stesso come regista: Che senso ha fare film in questi tempi in cui i film stanno morendo?”
Io posso rispondere che ho trovato il senso della vita nella poesia e che con la poesia sono rinata. Come può morire per me ciò che mi ha aiutato a vivere? Certo direte voi, la poesia non è per tutti… Però rispondo io la poesia è di tutti! Di questa ricchezza cosa ne facciamo?
La risposta di Lee Changdong alla sua stessa domanda è questa:
“Volevo solo fare questa domanda al pubblico. Il pubblico ora ha la chiave per rispondere alla domanda. Tuttavia, uno dei miei pensieri sulla poesia è che firma per conto delle emozioni e dei pensieri di qualcuno. Se qualcuno mi chiedesse perché faccio film, potrei rispondere dicendo: Sto raccontando la tua storia per conto tuo.”
Così non importa non saper fare poesia ma averla dentro… Solo chi l’ha dentro può riconoscerla anche fuori. Il difficile, come dice il maestro del film, non è scrivere una poesia quanto piuttosto sentire nel proprio cuore la voglia di farlo. Se osservate, sentirete la voglia di farlo, perché ciò che dall’osservazione scaturisce non vada perduto. Ecco che la parola non è più un limite ma uno strumento. La poesia nasce da uno stimolo sul quale, ad albero, si ramificano le emozioni. Bisogna partire dall’essenziale, dall’osservazione senza giudizio per poi andare fino al nocciolo della pesca, fino al nucleo aggregatore che condensa le parole attorno alla ragione e alle emozioni. Lo spiega bene Sándor Márai quando dice:
“[…] non sono un poeta; nel mio sistema nervoso e nella mia coscienza manca quell’energia condensatrice che è la poesia, la quale con una sola parola, per mezzo di un comunicare magico, qualche volta demoniaco, riesce a catalizzare gli elementi della passione e della ragione come il nucleo dell’atomo con i protoni e i neutroni…“
Perché oggi non sappiamo più osservare? Forse perchè andiamo di fretta, non ci fermiamo, per osservare bisogna fermarsi e fare silenzio. Il tempo limita la nostra osservazione, restiamo passivi di fronte alle cose, durante la lettura. Di fronte a una poesia. Ecco ma si può leggere una poesia come se stessimo al fast food a mangiare un panino? I sapori genuini richiedono tempo, così la buona lettura, così la buona poesia.
Riprendetevi il vostro tempo e osservate… in silenzio. Siate poesia.
[1] Dalla recensione di Alessandro Baratti